BIBLIOTECA OICCE
AA.VV.
FILIERA DEL VINO E DELLE UVE
DA TAVOLA IN SICILIA
Ismea, IRVV,
Roma, 2000, pp. 312
Questo ampio, capillare e approfondito rapporto è stato
realizzato a cura di ISMEA per conto dell'Istituto Regionale della
Vite e del Vino della Regione Sicilia. Il lavoro è diviso
in tre principali sezioni che trattano l'uva da vino e il vino,
l'uva da tavola e i succhi d'uva.
Per cominciare si esaminano l'uva da vino e il vino inseriti in
un contesto internazionale, nazionale e specificamente siciliano.
Si parte dalle superfici vitate e dalle produzioni mondiali di
vino, si presentano l'intensificazione e l'accelerazione degli
scambi internazionali, l'andamento dei consumi di vino nell'Unione
Europea e le nuove misure legislative europee. Si fa poi il quadro
del comparto vitivinicolo italiano, analizzando le superfici occupate
da uve da vino, la produzione vinicola di ciascuna regione, ripartita
fra Doc, Docg, Igt e da tavola, l'evoluzione dei prezzi del vino.
Si passa quindi all'industria di trasformazione (con i rapporti
di filiera e l'andamento della produzione industriale del 1999),
la distribuzione (GDO, grossisti, dettaglio, ristorazione, nuove
forma di vendita), i consumi, il commercio con l'estero.
Si entra poi nello specifico, trattando del settore vitivinicolo
in Sicilia. Si forniscono i dati delle superfici, i risultati
dell'analisi congiunturale condotta per la campagna 1999/2000
dall'Osservatorio Vitivinicolo Siciliano in merito alla struttura
della produzione regionale di vino, gli orientamenti del mercato
all'origine dei vini da tavola siciliani, la produzione di mosto
muto, il magazzinaggio privato e le distillazioni.
Nell'ampia sezione dedicata a "La qualità" si
afferma che vini Doc e Igt, ma soprattutto vini confezionati con
un marchio affermato costituiscono la vera frontiera della vitivinicoltura
siciliana. La Sicilia si pone tra le principali regioni italiane
a vocazione vinicola. I segnali di tensione verso la qualità
si moltiplicano. L'aspetto qualità è analizzato
in diverse accezioni: qualità come riconoscimento di una
vocazione del territorio (situazione Doc e Igt), come possibilità
di produrre nel rispetto dell'ambiente (vini biologici), ma anche
come capacità di valorizzare il contesto paesaggistico
e culturale del quale le viti e il vino fanno parte (strade del
vino). Si riscontrano poi i sostanziali progressi compiuti dall'industria
vinicola in questa regione, si segue l'evoluzione dei mercati,
si danno indicazioni su fusioni, acquisizioni, accordi commerciali
che hanno visto protagoniste le imprese vitivinicole siciliane
negli ultimi anni.
La seconda sezione, quella relativa all'uva da tavola, parte dal
panorama internazionale per calarsi poi sul piano nazionale e
siciliano con una analisi dettagliata sulle dinamiche produttive,
gli scambi internazionali, il mercato nazionale, la regolamentazione.
Per la Sicilia, seconda regione produttrice dopo la Puglia, si
segnala l'importanza dell'uva da tavola per le province di Agrigento,
Catania, Caltanissetta e Ragusa. Le principali tendenze dell'isola
vanno verso il riconoscimento dell'indicazione geografica protetta,
il miglioramento delle tecniche agronomiche e l'estensione di
cultivar apirene in vista dell'esportazione. La terza parte del
lavoro riguarda il tema importante dei succhi d'uva: produzione
e scambi internazionali dei succhi d'uva concentrati, regolamentazione
dei mosti e succhi d'uva, le dinamiche produttive e il commercio
estero nazionale. In merito alla realtà siciliana si presentano
i risultati delle indagini dell'Osservatorio Vitivinicolo Siciliano
sulle strutture produttive e sul comparto dei mosti per succhi
d'uva.
Conclude il volume un'ampia appendice statistica con tutti i numeri
relativi a ciascuna delle sezioni indagate.
A cura di Zeffiro Ciuffoletti
STORIA DEL VINO IN TOSCANA
Dagli Etruschi ai nostri giorni.
Polistampa, Firenze, 2000, pp. 268
(lire 28.000)
È sicuramente difficile riassumere la storia del vino
della Toscana in poco più di duecento pagine. La grande
ricchezza e le molte valenze storiche, politiche, economiche di
questo tema possono anche fare esitare gli studiosi che hanno
coscienza di trovarsi di fronte ad un immenso lavoro da affrontare.
Questa non deve essere una ragione per demordere, perché
c'è una forte esigenza di studi seri e originali sulla
storia enologica. In tale spirito è nato questo libro che
traccia un pregevole quadro complessivo sullo sviluppo della vitivinicoltura
toscana. Questo lavoro, come afferma il curatore, non pretende
di essere esaustivo, ma offre un efficace percorso che può
costituire un ottimo punto di partenza per altri approfondimenti.
Il volume nasce dall'unione degli interventi di esperti dei diversi
campi collegati alla storia del vino: dalla storia del territorio
alla storia del costume, dai mercati alle tecniche di produzione,
dalla cultura agronomica alle tecniche di vinificazione. Gli interventi
iniziano con la trattazione del vino in Etruria (F. Paolucci),
si prosegue con la vitivinicoltura della Toscana medievale (G.
Pinto) per passare poi alla grande epoca medicea con il vino a
Corte (G. Cipriani) e con i vari aspetti produttivi, legali e
commerciali relativi alla vitivinicoltura della Toscana di quei
tempi (L. Rombai, M. Pinzani, S. Squarzanti). Vengono quindi trattati
il 1700 e il 1800, secoli durante i quali si assistette ad un
grande risveglio della cultura agronomica animato dalle iniziative
e dagli studi della storica Accademia dei Georgofili e dall'opera
di grandi proprietari agronomi. Tali furono ad esempio il barone
Bettino Ricasoli ideatore a Brolio della formulazione ideale del
Chianti, e il marchese Vittorio degli Albizi, pioniere nell'importazione
di eccellenti vitigni francesi a Pomino e Nipozzano (Z. Ciuffoletti).
In un ulteriore capitolo sono percorse le varie tappe che portarono
alla formulazione del Chianti e al successo internazionale del
Pomino bianco (D. Olmi). Nuove strade si aprirono per il vino
toscano a fine 1800 e inizio 1900 quando si registrarono un'espansione
dei consumi e del mercato nazionale, il dilagare della crisi fillosserica,
l'affermazione di una nuova viticoltura, la necessità di
tutela dei vini tipici e il divampare della "guerra del Chianti"
in merito alla delimitazione delle aree di produzione (Z. Ciuffoletti).
Viene quindi l'esame degli ultimi cinquant'anni durante i quali
si è assistito alla crisi della mezzadria, alla trasformazione
delle strutture aziendali, all'affermazione della viticoltura
specializzata, all'evoluzione delle tecniche enologiche e all'attuazione
di nuove norme della politica comunitaria (P.L. Pisani, P. Nanni).
L'ultimo capitolo è dedicato al successo dei vini toscani
di "nuovo concetto", frutto di lunghe sperimentazioni
e di nuove conoscenze viticole ed enologiche (G. Tachis).
Giovanni Battista Croce
DELLA ECCELLENZA E DIVERSITÀ DEI VINI CHE SULLA MONTAGNA
DI
TORINO SI FANNO
Riedizione dell'opera del 1606
Enoteca del Piemonte, Sorì Edizioni, Torino, 2000, pp.
80
Giovanni Battista Croce non era un agronomo, non era un "bottigliere",
era un gioielliere di Casa Savoia. Questo è abbastanza
curioso se si pensa che proprio a lui si deve un'opera gradevole
e interessante sulla produzione del vino torinese tra la fine
del 1500 e l'inizio del 1600. Croce, pur non essendo uno specialista,
era tuttavia un grande appassionato di vino e conduceva una sua
vigna sulla collina torinese, occupandosi anche della produzione
di vino. Non tragga in inganno il titolo del libricino. Questo
non tratta di vera e propria viticoltura montana. Nella terminologia
dell'epoca la "montagna" di Torino indicava infatti
la fascia collinare immediatamente circostante la città.
Croce non aveva pretese di universalità e non si riteneva
un maestro georgico. Poiché molti gliene domandavano, egli
pensò di raccontare in modo semplice e chiaro le operazioni
che svolgeva per produrre i suoi vini. Nel suo piccolo manuale
Croce enumera i tipi di uve bianche e nere più eccellenti
della Montagna di Torino e descrive i modi di ottenerne vini diversi
e di grande qualità. Con molta precisione indica pure il
tipo di misure di cui si è servito nelle sue indicazioni
e si sofferma anche sul modo di trattare i vasi vinari per la
loro resa perfetta.
Croce non fornisce dettagli sulle operazioni inerenti alla coltivazione
della vite, ma sottolinea l'importanza di partire da uve scelte
per ottenere del buon vino. A questo scopo tiene ad indicare quali
tipi di uva siano da ritenersi migliori per la vinificazione.
Fra le migliori qualità di uve bianche della Montagna Torinese
indica: Elbalus, Cascarol, Callori, Moscatello nostrale. Quest'ultimo
è il vitigno dal quale si ottengono i migliori vini bianchi
della collina torinese. Fra le migliori qualità di uve
nere enumerate, la regina è il Nebiol.
Con la riedizione di questo volumetto, l'Enoteca del Piemonte
(che si avvale di un progetto di comunicazione integrata per diffondere
informazioni relative alle dieci Enoteche Regionali e alle aziende
ad esse associate), concretizza uno dei suoi primi impegni per
la valorizzazione della cultura del vino piemontese.
AA.VV.
VALTELLINA TERRA DI VIGNE
Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1997 pp. 244
Nel novembre 1996 si è svolto a Sondrio il convegno "Valtellina, terra di vigne: un impegno da sostenere", organizzato dalla Banca Popolare di Sondrio. La prima parte di questo volume presenta in dettaglio lo svolgimento di quel convegno e in particolare riporta i testi degli interventi che sono stati tenuti in quell'occasione da relatori come il prof. Attilio Scienza e l'enologo Ezio Rivella. Questi hanno parlato delle ipotesi di sviluppo della viticoltura valtellinese e delle procedure ed aspettative della DOCG. La seconda parte del libro è costituita da articoli realizzati da numerosi autori scelti fra gli esperti di storia locale, oppure provenienti dal mondo del giornalismo enogastronomico, o ancora in rappresentanza del settore produttivo. Dai loro scritti emergono molti spunti su storia, folklore, tradizioni di questi suggestivi declivi. È da segnalare il ricco patrimonio iconografico che rende davvero merito alle terre di questa viticoltura difficile e alla sua preziosa realtà vinicola.