EDITORIALE
di Giusi Mainardi

Il vino è figlio della natura o della tecnica?

Non credo che fra i termini della questione "il vino è figlio della natura o della tecnica?" vi sia una vera opposizione. Però è innegabile che attraverso i secoli, determinati orientamenti del pensiero sociale abbiano condotto a costruire, a trasmettere, a considerare valido questo dualismo.
È una concezione che fa indubbiamente parte di un modo di sentire a noi contemporaneo.
Il concetto di "naturale" per la stragrande maggioranza identifica a livello immediato ciò che è buono, genuino, spontaneo, idillico, amico. Lo sanno bene molte importanti imprese industriali che nella loro pubblicità hanno investito fior di miliardi sul concetto del "naturale" e del "ritorno alla natura".
La "tecnica", invece, è percepita ampiamente come il mondo della freddezza, del calcolo arido, quando addirittura non è vista come un pericoloso insieme di sovrastrutture che minacciano o soffocano le più vere espressioni dello spirito umano.
La percezione che nasce sotto l'influenza di schemi banali, semplificati, rigidamente confezionati e contrapposti, produce interpretazioni che non portano molto lontano, né molto in profondità.
È di qui che nascono falsi dualismi ed erronee convinzioni. Una di queste semplicistiche e diffuse convinzioni è che il vino sia o natura o tecnica.
Si dà per scontato che un termine escluda l'altro. Peggio ancora: il vino buono, genuino sta dalla parte della natura. Il vino calcolato, costruito, "denaturalizzato" sta nella sfera della tecnica.
Si tratta di un grande equivoco: il vino non rappresenta affatto un terreno di scontro in questi termini. Al contrario, il vino è un elemento che per eccellenza fonde la natura insieme alla tecnica.

Tecnica, è una parola che deriva da "techne": si tratta di un termine dell'antica lingua greca, che ha il significato di destrezza, abilità, arte nel fare qualcosa.
Nel mondo antico poteva avere un senso assolutamente positivo, ma poteva avere anche il senso di astuzia, di artificio, di inganno scaltro.

Sono in genere quelli che conoscono superficialmente il mondo dell'enologia a percepire maggiormente questo aspetto negativo: la tecnica come cosa arcana, difficile, che qualcuno è in grado di usare per intervenire ingannevolmente sulla natura del vino. Allora il "vino di una volta" prende un'aura arcadica di paradiso perduto.
Chi invece ha una buona famigliarità con il settore enologico sa bene quanto sia stato e quanto sia importante intervenire con la tecnica sia nella vigna che in cantina per avere un prodotto buono, sano, sicuro.
È vero che le tecniche di viticoltura, le tecniche di vinificazione, il progresso delle macchine enologiche non hanno in sé valenze univoche. La "techne" è infatti prerogativa dell'ingegno umano e questo opera con fini e scopi diversi.
Se "techne" è arte di fare qualcosa, l'esperienza e le conoscenze possono costantemente migliorare quest'arte.
La sua ottimale applicazione in campo enologico genera armonia e non opposizione fra la natura del vino e la tecnica vitivinicola.