di Anna Schneider |
Chi conosce
anche solo un minimo la viticoltura Nord Americana si è
sicuramente imbattuto in questa cultivar dal nome veramente curioso,
lo Zinfandel.
Tanto importante in California, tra le uve a frutto nero, da avere
da qualche anno riottenuto il primato della maggiore superficie
colturale, superando il blasonato Cabernet sauvignon.
Tanto legata alla viti-vinicoltura americana da essere stata designata
the America's wine heritage, per l'America un vero e proprio patrimonio
di storia e cultura enoica. Le tracce dell'introduzione sulla
costa Atlantica risalgono al 1820 circa, quando materiale fu importato
da una collezione di vitigni austriaca.
Ma è soprattutto in California che lo Zinfandel ha accompagnato
lo sviluppo della viticoltura e dell'enologia: da robusto vino
dei minatori, ad uva generosa destinata ai tagli; dall'uso di
acquistarla in latte metalliche per la produzione casalinga di
vino durante il Proibizionismo, ai leggeri White Zinfandel degli
anni '60-70 fino ai rossi di grande concentrazione e struttura,
provenienti da vecchi vigneti, apprezzati da consumatori più
maturi ed esigenti. A causa della penuria di ferro, infatti, assorbito
quasi totalmente dall'attività estrattiva durante la corsa
all'oro, lo Zinfandel cominciò ad essere coltivato ad alberello
senza alcun sostegno: alcuni di questi vigneti storici, vecchi
non meno di 80-100 anni, offrono ancora oggi produzioni particolarmente
preziose.
Forse non è una coincidenza il fatto che il Primitivo,
che corrisponde geneticamente allo Zinfandel, sia allevato ad
alberello nei vigneti tradizionali dell'area di Mottola e di Manduria
nelle province di Bari e di Taranto, dove si sta trasformando
da vino eccellente per il taglio (per via della ricca struttura
e alcolicità) a rosso importante, di notevole personalità
e prestigio. Si fa risalire al canonico Indelicati della chiesa
di Gioia del Colle la selezione di viti precoci nella maturazione
(per questo "primitive") presumibilmente alla fine del
1700, perché il Primitivo, almeno per quanto si sa fino
ad ora, compare in Puglia nei censimenti di poco successivi.
La sinonimia con lo Zinfandel fu scoperta casualmente nel 1967,
quando un professore californiano in visita in Puglia, assaggiando
del vino Primitivo, affermò che gli ricordava molto lo
Zinfandel. Studi ampelografici e più recentemente l'analisi
del DNA hanno confermato la corrispondenza Zinfandel-Primitivo.
Non essendo note altre aree d'Europa dove questo vitigno fosse
coltivato, veniva spontaneo pensare che in qualche modo esso fosse
giunto in America provenendo proprio dalla Puglia. Ma non pare
così, come ha confermato una ricerca condotta da un gruppo
di ricercatori croati e californiani.
Verso gli anni '80 fu notata la somiglianza (per taluni addirittura
sinonimia) tra lo Zinfandel-Primitivo e un vitigno d'origine croata
ampiamente coltivato nella regione Balcanica, il Plavac mali.
Indagini sul DNA hanno in seguito dimostrato che il Plavac mali
deriva dall'incrocio spontaneo tra Zinfandel-Primitivo e Dobricic,
un vitigno tradizionale della costa dalmata oggi assai raro.
Ciò starebbe ad indicare una provenienza croata dello Zinfandel,
ulteriormente rafforzata dal fatto che esso pare geneticamente
simile (con elevata proporzione d'alleli condivisi) alle vecchie
cultivar della Dalmazia.
Proprio nel gruppo di questi vitigni ormai quasi scomparsi
è stato identificato due anni or sono un sinonimo dello
Zinfandel-Primitivo, chiamato localmente Crljenak, presente alquanto
sporadicamente nei vigneti attorno alla città di Kastela
presso Spalato.
È probabile sia dunque da qui che, attraverso la collezione
austro-ungarica di Vienna, lo Zinfandel iniziò la sua avventura
americana.
E il Primitivo? Come mai si trova in Puglia? Forza, mettiamoci
a scoprirlo!