UNA INTERVISTA A...

Federico Castellucci
Direttore dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino.

Ad 80 anni dalla sua istituzione, l’organizzazione intergovernativa “OIV” ha per la prima volta un direttore italiano. È il marchigiano dottor Federico Castellucci, ben noto al nostro settore per aver a lungo rivestito la carica di direttore della Federvini.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare le prime impressioni di questa sua nuova esperienza e per conoscere le linee che guidano oggi l’OIV, un organismo internazionale nato all’inizio del 1900. Si assisteva infatti in quegli anni all’apertura di sempre più ampi orizzonti commerciali e al manifestarsi di problemi che richiedevano un confronto fra i diversi Paesi produttori di vino.
Fu Teofilo Rossi di Montelera, Ministro del Commercio Italiano, che nel 1916 espresse per primo l’idea di riunire una conferenza internazionale dei paesi produttori di vino.
Nel 1922 la “Société Française d’encouragement à l’Agriculture” avanzò l’idea di costituire un tale organismo. La proposta di creare un Ufficio del Vino, cofinanziato dai Paesi firmatari e operante sotto il controllo di un comitato di delegati nominati dai Governi delle diverse nazioni, venne approfondita nel 1923 in occasione della Conferenza Internazionale di Genova.
I principali obbiettivi stabiliti dalla Conferenza Internazionale del Vino erano quelli di unirsi per difendere gli interessi vitivinicoli internazionali e per dare risposte decise ed efficaci alle campagne proibizioniste contro il vino. Inoltre si chiedeva che la denominazione “vino” fosse esclusivamente riservata “alla bevanda ottenuta dalla fermentazione dell’uva fresca o del succo d’uva fresco, e preparata seguendo gli usi locali e costanti ammessi come legali e conformi alle esigenze dell’igiene per ciascuno dei Paesi di produzione.”
Un elenco di tali usi doveva essere quanto prima oggetto di intesa fra i diversi Paesi. Si auspicava inoltre la creazione di un Ufficio Internazionale di Chimica per uniformare i metodi di analisi e dare valutazioni in merito alla purezza dei prodotti. Furono riunite a Parigi ancora due Conferenze Internazionali per esaminare quali fossero metodologie e principi da seguire per la realizzazione di un Ufficio internazionale del vino. Il 29 novembre 1924 si arrivò alla firma di un Accordo congiunto fra Italia, Francia, Spagna, Tunisia, Portogallo, Ungheria, Lussemburgo e Grecia per l’istituzione a Parigi di un “Office International du Vin”. Una modifica dell’Accordo del 1924, intervenuta il 4 settembre 1958, segnò il passaggio da “Office International du Vin” a “Office International de la Vigne et du Vin”. Con l’Accordo del 3 aprile 2001 è avvenuta la transizione ad “Organisation Internationale de la Vigne et du Vin”.
L’attuale presidente dell’OIV è il tedesco Reiner Wittkowski.

Come si configura attualmente la struttura dell’OIV e quali sono le caratteristiche dei Paesi che ne fanno parte?
L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino si compone di 36 stati membri e di 12 stati osservatori o, piuttosto membri in fieri, che a breve scadenza completeranno la procedura parlamentare di ratifica del trattato che li porterà ad essere membri a tutti gli effetti. Accanto a questi, ci sono associazioni non governative del settore enologico ed un territorio come il Québec (Canada), che hanno funzione di osservatori. Esperti internazionali compongono il Comitato Scientifico e Tecnico, suddiviso nelle commissioni Viticoltura, Enologia, Economia viticola e nelle sottocommissioni Metodi di Analisi, e Vino, Nutrizione e Salute. Il Comitato esecutivo è invece composto dai rappresentanti dei governi.
I Paesi membri non sono necessariamente solo paesi produttori di vino, ma anche paesi consumatori, interessati a sapere e a capire quello che avviene nel mondo enologico.
A quali esigenze risponde il recente passaggio da Office Internationale de la Vigne et du Vin a Organisation Internationale de la Vigne et du Vin?
L’Ufficio Internazionale della Vigna e del Vino, istituito con l’Accordo del 29 novembre 1924, si è ristrutturato nell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino con l’Accordo del 3 aprile 2001. Questa transizione è diventata effettiva dal 17 marzo 2004.
Nella nuova struttura, in merito alle proposte di risoluzione di portata generale, scientifica, tecnica, economica e giuridica, come pure in merito all’istituzione o scioglimento di commissioni o sottocommissioni, si delibera per consenso e fra gli obbiettivi si è accentuato l’interesse verso le aspettative dei consumatori.

Quali sono i principali obbiettivi dell’OIV?
Indicare ai propri membri le misure atte a tener conto delle preoccupazioni dei produttori, dei consumatori e degli altri operatori del settore vitivinicolo; sostenere le altre organizzazioni internazionali intergovernative e governative, in particolare quelle che svolgono attività normative; contribuire all’armonizzazione internazionale delle pratiche e delle norme esistenti e, all’occorrenza, all’elaborazione di nuove norme internazionali atte a migliorare le condizioni di produzione e commercializzazione dei prodotti vitivinicoli, come pure alla presa in considerazione degli interessi dei consumatori.

Quali sono i problemi che l’OIV riscontra nei rapporti fra i diversi Paesi che ne fanno parte?
Non si può parlare di problemi. Ci sono visioni diverse di cui si prende atto. L’OIV è al servizio dei propri stati membri. Vuole essere di aiuto a livello tecnico scientifico, ma anche a livello di armonizzazione, normalizzazione, reciproco riconoscimento, cooperazione e mediazione internazionale.

Quali sono le linee programmatiche dell’OIV per il prossimo futuro?
Le nostre principali missioni riguardano effetti benefici e qualità igienica del vino, protezione degli interessi viticoli e miglioramento delle condizioni del mercato, uniformazione e armonizzazione dei metodi di analisi, protezione delle denominazioni d’origine, garanzia di purezza e autenticità dei prodotti, repressione delle frodi e della concorrenza sleale.
Sono tanti i soggetti ai quali si sta lavorando. Fra i molti temi affrontati abbiamo ad esempio un gruppo di lavoro per la creazione di una etichetta semplificata valida a livello mondiale, con la descrizione del prodotto e i dati essenziali come produttore, importatore, gradazione alcolica del vino, capienza della bottiglia. Questo avvantaggerà sia gli esportatori che i consumatori. Nella retroetichetta si potranno aggiungere tutte le informazioni che si desiderano.
Continueremo poi a promuovere la cultura del vino, la comunicazione, l’ambiente attraverso i nostri premi per libri, cortometraggi e, prossimamente, anche per fotografie.

Attraverso quali canali di comunicazione vengono divulgate le informazioni elaborate dall’OIV? Ci sarà uno sviluppo della comunicazione anche attraverso internet?
Abbiamo strumenti tradizionali quali l’Ufficio Stampa e pubblicazioni come il Bollettino dell’OIV, la Lettera dell’OIV e la Lettera Vino, Nutrizione & Salute. Disponiamo poi di una biblioteca-videoteca con tremila titoli e 150 riviste.
Un’operazione molto importante è ora l’investimento effettuato per avere un sito Internet molto più allargato e più accessibile, con struttura di portale, in modo da diventare la “casa mondiale del vino” ed offrire la possibilità di avere tantissime informazioni anche attraverso link con i vari Stati membri, il Parlamento Europeo, le organizzazioni nazionali.

DIETRO LE QUINTE...

Come vede dal punto di vista di Italiano questo incarico ai vertici direttivi dell’OIV?
Trovo che sia una grande fortuna potermi occupare di questo grandissimo prodotto agricolo e alimentare. Fra i direttori dell’OIV sono in effetti il primo italiano e forse la prima persona che viene dalla “professione”, provenendo dall’associazione di categoria Federvini.
Vedo il mio incarico soprattutto come servizio verso tutti gli Stati membri. Con questo intendo essere nel mio lavoro servizievole, ma non servile.
Secondo lei quali sono gli elementi che possono unire il Vecchio e il Nuovo Mondo enologico?
Il vigneto è un grande punto di contatto. Il modo di pensare di chi pianta la vite ha molto in comune in tutte le parti del mondo. Altri elementi comuni sono l’attenzione con cui si segue la creazione del nuovo vino e la necessità di vendere la propria bottiglia.

Qual è il suo rapporto “personale” con il vino?
Io sono produttore di vino nelle Marche, anche se mi considero prima di tutto un viticoltore.
Il vino è una bevanda che ha uno straordinario legame con il territorio di produzione ed ha un fortissimo impatto nel ricordo di momenti e di persone.
Il vino è qualcosa che suscita il sentimento che i Tedeschi esprimono bene con “Heimat”, il senso del luogo di origine e di una essenziale appartenenza.