CORSI, CONVEGNI E INCONTRI

Workshop OICCE 2004: attualita’ normative,
affinamento dei vini, risparmio energetico

Sono stati tre i workshop autunnali organizzati da OICCE nel mese di novembre 2004.
Il primo ha trattato delle norme sulla tenuta manuale e informatica dei registri di cantina e si è tenuto a Torino, Lingotto Fiere, nell’ambito del Salone del Vino, nell’Area Convegni Regione Piemonte. Sono intervenuti Angelo Di Giacomo (Ispettorato Centrale Repressione Frodi), Giuseppe Gallo (Studio Legale Gallo-Pesce), Gianfranco Cabutto (Sistemi Tre srl).
Gli altri due incontri si sono svolti ad Asti, presso il CRA - Istituto Sperimentale per l’Enologia, nella sala convegni recentemente inaugurata e intitolata al prof. Usseglio Tomasset. Durante il workshop del 24 novembre sono stati presentati i risultati di recentissime ricerche sul processo di affinamento di vini bianchi e rossi. Sono intervenuti Antonella Bosso (Istituto Sperimentale per l’Enologia Asti), Daniel Juteau (Laffort Italia), Virginie Moine Ledoux (SARCO Università di Bordeaux), Guido Parodi (Laffort Italia).
Nella stessa sede è stato poi organizzato un workshop per illustrate alcune concrete ed interessanti possibilità di risparmio su energia elettrica e gas metano per il 2005. In quel caso sono stati portati anche alcuni chiari esempi dei risultati pratici ottenuti dal Consorzio OICCE Energia. Sono intervenuti come relatori Stefano De Vecchi (Edison Energia) Gianluca Fossati (Edison Energia), Paolo Cavallini (Consorzio OICCE Energia).
I workshop OICCE fanno parte del programma di divulgazione che OICCE, sostenuta dai suoi Soci, si propone di svolgere ad ampio raggio nel settore enologico.
Alcune delle relazioni presentate durante i workshop vedranno la pubblicazione su OICCE Times.


In Tuscia a parlare di etichette
Nell’ambito della Fiera agricola di Viterbo del 1 ottobre 2004, la locale Camera di Commercio - in collaborazione con OICCE - ha proposto ai produttori vitivinicoli locali un convegno su “Le etichette in enologia: tra marketing e prescrizioni legislative”. La manifestazione si inserisce, hanno ricordato il Presidente della Camera di Commercio Ferindo Palombella ed il Segretario generale Franco Rosati, in una strategia locale di rinnovamento e di maggiore qualificazione commerciale dei vini della Tuscia viterbese. In questo contesto, l’obbiettivo della giornata era quello di offrire un percorso di informazioni che descrivessero l’etichetta nei suoi molteplici aspetti.
Un approccio multidisciplinare che, come ha rilevato il presidente Moreno Soster, si inserisce pienamente nelle strategie che OICCE sta perseguendo nella realizzazione delle sue attività (convegni, seminari, incontri tecnici e di formazione) proposte alle principali aree vitivinicole italiane.
Sul palco si sono avvicendati diversi relatori, ognuno apportando il suo contributo alla composizione del quadro conoscitivo complessivo: Stefania Berta dello Studio Torta di Bologna ha sottolineato la potenza, ma anche la debolezza, dell’uso del marchio collettivo in una strategia di marketing di territorio; Gianni Bortolotti, grafico professionista, ha affascinato con intense diapositive che hanno accompagnato la sua visione della grafica di un’etichetta, la quale da sola riesce a far distinguere un prodotto da un altro mediante la sua meta-comunicazione; Giulio Somma, dirigente dell’ARSIAL, ha allargato il quadro inserendo le logiche dell’etichetta aziendale in un discorso più ampio di marketing territoriale che richiede scelte strategiche complesse e condivise dai diversi attori; Angelo Di Giacomo, dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi di Asti, ha portato la sua esperienza di “lettura” delle norme con l’intento di fornire alcune indicazioni pratiche sulla creazione di un’etichetta corretta dal punto di vista legale; infine Gildo Mattiazzi, di Eurobeta (Canelli), ha proposto alcune considerazioni e soluzioni sull’uso dell’etichetta in un ambito di tracciabilità aziendale.
La fusione di queste diverse competenze ha fornito alle imprese presenti un bagaglio di informazioni estremamente ampio e preciso per orientarle nelle proprie scelte aziendali, tuttavia il convegno è andato anche oltre perché ha stimolato un dibattito di ampio respiro sull’effettivo ruolo dell’etichetta aziendale, sul suo collegamento a logiche di marchio collettivo che si inseriscono in una programmazione territoriale più complessa, ma anche più efficace.
Per una zona viticola, come la Tuscia viterbese, che produce vini di grande interesse che hanno bisogno di essere meglio conosciuti, diventa importante un’azione di promozione che deve essere condotta dalla singola azienda, ma all’interno di una strategia locale complessiva che individui nel vino (e quindi nelle sue etichette) un messaggero della ricchezza culturale, paesaggistica, gastronomica, turistica di queste straordinarie terre etrusche.

Il mondo del Barolo ricorda Silvio Pellico
A Torino, il 24 novembre, Regione Piemonte, Enoteca regionale del Barolo ed Opera Pia Barolo hanno ricordato la figura del patriota piemontese Silvio Pellico (1789-1854) a 150 anni dalla sua morte.
L’incontro è stato realizzato presso lo storico Palazzo Barolo dove Pellico trascorse molti anni come bibliotecario e segretario delle opere pie dei Marchesi Tancredi e Giulia Falletti di Barolo. Pellico, insieme ai Marchesi Falletti trascorse anche lunghi periodi presso il castello che essi possedevano nel paese di Barolo, oggi sede dell’Enoteca regionale. Vi soggiornò proprio negli anni in cui l’enologia piemontese attraverso i lavori dell’enologo di Carlo Alberto, Paolo Francesco Staglieno, compiva passi importanti per l’elaborazione e la commercializzazione del grande vino rosso che sarebbe divenuto il “Barolo”.
Dopo il benvenuto di Marco Bonatti, Consigliere Opera Pia Barolo, è intervenuto Ugo Cavallera, Assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte. Nella sua introduzione ha evidenziato l’importanza economica del vino in questa regione che produce annualmente tre milioni di ettolitri (circa il 6% della produzione nazionale), contando ben otto DOCG e 46 DOC che coprono circa l’80% della produzione piemontese. Insieme a questi aspetti, Cavallera ha ricordato anche i legami della vitivinicoltura piemontese con la storia, le tradizioni, il paesaggio dei territori di produzione. I nostri grandi vini, ha detto, hanno profonde radici nel mito e nella storia, e più d’ogni altro il Barolo, protagonista per antonomasia, il cui nome si lega all’epopea del Risorgimento, al lungo processo dell’Unità d’Italia. In questa temperie storica si inserisce la figura di Silvio Pellico, eccellente protagonista della storia e della letteratura italiana, accolto calorosamente dalla Marchesa Giulia Falletti, sua grande estimatrice.
Dei profondi rapporti di stima e di comunione spirituale che legarono Pellico alla Marchesa ha parlato il prof. Luigi Cabutto, presidente dell’Enoteca regionale del Barolo, accompagnando il suo discorso con belle immagini del castello di Barolo, delle stanze occupate dal Pellico, della biblioteca dove lavorava, del castello della Volta (che Pellico amava particolarmente) e degli splendidi scorci di Langa dove i Falletti, una delle più prestigiose famiglie nobili piemontesi, avevano molti possedimenti.
La portata storica e letteraria di Silvio Pellico è stata illustrata da Aldo A. Mola, autore di numerose opere sul Risorgimento e sull’età giolittiana. Proprio quest’anno egli ha curato l’edizione di “Le mie prigioni” (Bastogi Editrice Italiana 2004) che riproduce integralmente e trascrive il manoscritto originale conservato al Museo del Risorgimento di Torino. Egli ha ricordato come di questa celebre opera di Pellico siano state contate ben 260 traduzioni (rispetto alle 55 dei Promessi Sposi di Manzoni).
Ha poi ripercorso la biografia del patriota piemontese, il suo sogggiorno a Milano dove, inserito nell’ambiente culturale del conte Luigi Porro, conobbe lord Byron, Foscolo, Madame de Staël, Stendhal che definì il giovane Pellico “plein de raison et de bonne éducation”. Poi il successo della “Francesca da Rimini” (1815), tragedia intesa come simbolo del sentimento nazionale, la collaborazione al giornale “Il Conciliatore”, l’adesione alla Carboneria, il suo arresto e gli otto anni di carcere allo Spielberg, il rientro a Torino nel 1830 e la sua quasi immediata assunzione da parte dei Marchesi di Barolo, presso la cui casa rimase fino alla morte, avvenuta il 31 gennaio 1854.
Per ricordare il centocinquantenario della scomparsa del patriota e letterato è stato realizzato un numero limitato di bottiglie di Barolo 2000, imbottigliato dalla Cooperativa fra Produttori di Castiglione Falletto, con una etichetta speciale realizzata da Roberta Viarengo, pittrice di La Morra. Vi sono raffigurati un medaglione con il ritratto di Pellico ed i luoghi simbolici legati alla sua vita con richiami a Saluzzo, a Torino e Barolo. La parte inferiore dell’etichetta è attraversata da una penna tricolore, a ricordare il suo ruolo di scrittore e di protagonista del Risorgimento italiano.

La qualità nel settore vitivinicolo
Ha mille volti “la qualità” nel mondo della vite e del vino. Come si modella nel tempo questo concetto? Come si fa, come si trasmette, come si percepisce, quali sono le prospettive della qualità nel settore vitivinicolo?
Per rispondere a questi interrogativi di grande attualità, si è tenuto in Veneto un importante convegno internazionale. Si è svolto nell’arco di tre intense giornate, dal 30 settembre al 2 ottobre, ed è stato organizzato dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino, su incarico dell’UNASA, l’Unione Nazionale delle Accademie per le Scienze applicate allo sviluppo dell’Agricoltura, alla Sicurezza Alimentare ed alla Tutela Ambientale.
I lavori si sono svolti presso l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano (sede di Susegana), il Comune di Portogruaro e Palazzo Labia a Venezia.
Il tema “La qualità nel settore vitivinicolo” è stato suddiviso in diverse sessioni coordinate dai presidenti di storiche Accademie italiane, i professori Luigi Cavazza (UNASA), Silvano Scannerini (Accademia di Agricoltura di Torino), Franco Scaramuzzi (Accademia dei Georgofili), Antonio Calò (Accademia Italiana della Vite e del Vino).
Nella prima sessione si è analizzata l’evoluzione storica della qualità. Antonio Calò ha parlato della qualità del vino italiano percepita e comunicata da esperti e cultori italiani e stranieri dal XVI secolo agli inizi del 1900. Giuliana Gay e Cesare Intrieri hanno messo in rilievo le tappe più significative nell’evoluzione delle tecniche colturali dalla fine 1700 fino alle più recenti innovazioni. Aureliano Amati ha ripercorso i momenti fondamentali dell’evoluzione delle tecnologie di trasformazione negli ultimi due secoli, seguendo i progressi della Chimica e della Microbiologia. Pierstefano Berta e Giusi Mainardi hanno analizzato l’evoluzione architettonica delle strutture di produzione del vino in rapporto ad esigenze e concetti differenti che si sono manifestati dal 1700 ad oggi.
Eugenio Pomarici ha infine illustrato l’evoluzione dei flussi e della domanda di qualità precisando le aspettative espresse presso segmenti significativi della popolazione in tempi e in paesi diversi.
Il significato attuale della qualità è stato il tema della seconda sessione che ha visto intervenire Davide Gaeta sui modelli di comunicazione per la qualità, e Claudio Bosticco sulle tecniche per il confezionamento e la distribuzione.
Completavano questa sessione tre contributi internazionali di Philippe Hunziker (OIV), Raymond Folwell (Washington State University) e Tony Spowton (Università Sud Australia, Adelaide). Il primo contributo ha preso in esame le norme sulla qualità fra OIV, WTO e Codex Alimentarius, concludendo che il solo modo di promuovere il consumo di vino nel mondo passa per il mantenimento della sua specificità e per la garanzia di qualità in ogni anello della catena che va dalla vigna al vino.
Folwell ha parlato dei sistemi collegati alla qualità del vino in USA. Il principale è costituito dalle American Viticultural Areas (AVA’s), regolate dal Bureau of Tobacco, Alcohol and Firearms.
Queste, sebbene con maglie molto più allargate, nel concetto richiamano un po’ le denominazioni europee, essendo definite in termini climatici, geografici e pedologici. La qualità percepita dal consumatore americano riguarda soprattutto l’aspettativa di certi aspetti organolettici nei vini, che devono presentare sempre una qualità costante e prezzi competitivi.
In Australia, ha detto Spawton, la filiera normativa della qualità inizia dal vigneto per continuare in cantina e nella fase di commercializzazione.
La prima normativa nazionale del settore enologico in questo Paese è l’Australian Wine and Brandy Corporation Act del 1980 che regola le aree di produzione e stabilisce i termini da usare per indicarle.
Tuttavia secondo Spawton, se in Europa il concetto di qualità del vino è strettamente legato al sistema di denominazioni, il consumatore, come giudice finale, identifica la qualità con parametri come sicurezza, basso uso di prodotti chimici, assenza di gusti o odori sgradevoli, caratteristiche sensoriali derivate dall’uva ed esaltate durante la vinificazione e l’affinamento.
Un’altra serie di interventi ha avuto come filo conduttore la qualità percepita e la salvaguardia ambientale.
I rapporti fra l’evoluzione delle pratiche colturali viticole e l’impatto ambientale sono stati illustrati da Michele Borgo e Diego Tomasi. Mario Bertuccioli ha parlato di idoneità, peculiarità e stile come aspetti della qualità del vino. Lamberto Sabellico ha presentato alcuni elementi di normativa dell’etichettatura in Italia. René Renou, presidente dell’INAO, ha lanciato un messaggio forte: la viticoltura francese legata all’Appellation d’Origine sta entrando progressivamente in una crisi strutturale in rapporto allo sviluppo della concorrenza internazionale e dei cambiamenti nel consumo del vino. Per rimediare è necessaria una riforma ampia e responsabile del concetto di denominazione d’origine controllata viticola. I primi sviluppi non potranno farsi attendere.
Su trasparenza e tracciabilità nel sistema italiano delle Doc sono intervenute Teresa De Matthaeis e Alessandra Busnengo.
Ma la qualità del vino passa anche attraverso i valori salutistici, così Francesco Orlandi ha presentato le modalità attraverso cui questi valori vengono o dovrebbero venire comunicati, sottolineando l’opportunità di far passare un messaggio informato, equilibrato e consapevole sul valore igienico di un consumo moderato del vino.
La sessione finale del convegno ha presentato un esempio specifico di qualità legata ad un territorio, con l’analisi della realtà vitivinicola dell’area posta ai confini orientali della Regione Veneto e definita dalla Doc Lison-Pramaggiore. Vasco Boatto e Stefano Scaggiante hanno illustrato le caratteristiche di questo distretto vitivinicolo; Maurizio Sorbini ha parlato dell’importanza del capitale tecnico e umano per fare qualità e valorizzare un’area viticola; sulle prospettive di mercato dei vini Lison Pramaggiore è intervenuto Corrado Giacomini.
Ai lavori del convegno è seguita una tavola rotonda, tenuta nella sala Camino di Palazzo Labia a Venezia.
Gli strumenti per valorizzare la qualità dei vini italiani sono stati il tema del dibattito. Vi hanno partecipato i rappresentanti della regione Veneto (Paolo Rosso), di CIA (Pietro Palumbo), Coldiretti (Giorgio Piazza), Confagricoltura (Antonio Borsetto), dell’Unione Italiana Vini (Andrea Sartori), di Federvini (Maurizio Ferri), dell’Organizzazione Internazionale della vigna e del vino (Federico Castellucci) e dell’Enoteca d’Italia con il suo presidente Pier Domenico Garrone. Le linee di valorizzazione che hanno visto concordi tutti i partecipanti sono state l’importanza del territorio, la necessità di una normativa rigorosa, ma non appesantita da una serie eccessiva di adempimenti burocratici, una più stretta collaborazione tra i partecipanti della filiera vitivinicola, la corretta informazione dei consumatori, l’importanza di una buona comunicazione.