L'ANGOLO DELLA VIGNA
di Anna Schneider

Una subdola epidemia

La scoperta del Nuovo Mondo ha offerto all’Occidente svariate risorse d’enorme valore, tra cui piante commestibili divenute presto la base dell’alimentazione di molte popolazioni europee. Ma se si guarda alla sola viticoltura, non si può certo dire che l’America abbia giovato a questa antichissima coltura, e anzi con l’introduzione dei noti parassiti ottocenteschi ne ha seriamente minacciato la sopravvivenza.
Anche in tempi a noi più vicini è dal Nuovo Mondo che sono giunte nuove malattie della vite europea a carattere epidemico: intorno agli anni ‘60, ad esempio, è avvenuta nel Sud della Francia la comparsa e da qui la diffusione della cicalina Scaphoideus titanus, vettore specifico della fitoplasmosi nota con il nome di flavescenza dorata (FD), per via dell’intenso giallume che può provocare sulle cultivar ad uva bianca. I fitoplasmi sono organismi procarioti privi di parete cellulare, tutti parassiti obbligati e quindi patogeni. Il gruppo di fitoplasmi agenti della FD, diffondendosi nei tessuti floematici della pianta, ne alterano la fisiologia, in modo profondo nel caso di attacchi gravi, compromettendo il germogliamento, la produzione di uva, la funzionalità delle foglie, la maturazione del legno e provocando talora la morte stessa della pianta. Le sintomatologie associate a questa malattia non sono sempre chiare, anche perché variano secondo la gravità dell’infezione e soprattutto del vitigno interessato; la malattia può rimanere latente per un certo tempo per poi manifestarsi di colpo su numerose piante del vigneto; come le patologie causate dai virus, le fitoplasmosi non sono curabili con i tradizionali trattamenti chimici; le piante infette o anche interi vigneti colpiti gravemente devono essere estirpati senza indugio.
Nel caso di FD l’insetto responsabile della diffusione della malattia è esclusivamente infeudato sulla vite, cioé vive e si nutre esclusivamente dei liquidi floematici di questa specie: di per sé non provoca danni alla viticoltura, se non per la diffusione della temibile patologia.
In Italia epidemie di FD hanno interessato per ora aree del Nord e del Centro Nord, causando danni ingenti alla viticoltura e mobilitando controlli a tappeto sul territorio, piani di lotta chimica contro il vettore, estirpo di centinaia di ettari. In Friuli Venezia Giulia sono stati spesi nell’arco degli ultimi 5 anni 1.250.000 euro, mentre in Piemonte per i soli aiuti all’estirpo e reimpianto dei vigneti sono stati messi a disposizione 34.000.000 di euro.
Dal 2000 esiste un decreto ministeriale di lotta obbligatoria e un piano d’aiuti finanziari alle regioni colpite.
Si riteneva in un primo tempo che la cicalina vettore avesse esigenze ecologiche ben precise, tanto che per un certo tempo il 44° parallelo è stato indicato il limite meridionale di diffusione della malattia.
Oggi si sa invece che Scaphoideus titanus, benché si muova di per sé molto lentamente, è trasportato dall’uomo velocemente, che è in realtà piuttosto adattabile ad ambienti diversi (nei luoghi d’origine neartici è presente tra il 46° e il 53° parallelo in Canada e tra il 27° e il 50° negli USA) e che una assai probabile fonte di inoculo e di diffusione è il materiale vivaistico (poiché substrato ottimo per lo svernamento delle uova dell’insetto sono le fessure della corteccia nelle barbatelle).
Prime segnalazioni della malattia in Toscana si sono avute nel 1998 e non anteriore al 2003 è la comparsa di focolai in Umbria, Basilicata (Potenza) e Campania (Avellino e Benevento).
È dunque assai probabile che in un prossimo futuro ci si debba confrontare con questa subdola patologia della vite anche in regioni in cui ci si riteneva al sicuro. Fin da ora sarebbe opportuno prepararsi ad un intervento su ampia scala, sviluppando competenze scientifiche, d’informazione e formazione, e soprattutto imparando a far tesoro dell’esperienza altrui.