L'ANGOLO DELLA VIGNA
di Anna Schneider

 

Lo studio del genoma nella vite

Si è fatto un certo parlare negli ultimi tempi di studio e sequenziamento del DNA della vite. È infatti notizia degli ultimi mesi che una buona parte del genoma di questa specie, economicamente così importante, è stata sequenziata, e una decodificazione completa sarà disponibile in un vicino futuro. Poiché non sono molte le specie di cui ad oggi si dispone dell’intera sequenza, e tra queste due sole piante, il fatto è di per sé rilevante. Inoltre, viene spontaneo chiedersi che cosa questo esattamente significhi, quale possa essere lo sviluppo della ricerca e quali le ricadute applicative che avranno un diretto impatto sulla viticoltura e sull’enologia.
Il genoma di un organismo è l’insieme del materiale genetico che lo compone e che, come noto, contiene tutte le informazioni necessarie al suo sviluppo ed al suo funzionamento.
È altrettanto noto che tale materiale è organizzato in lunghe catene di DNA strutturate a doppia elica, i cromosomi, e che gli elementi base di tali grandi molecole sono i nucleotidi. Questi ultimi possono contenere 4 diverse basi azotate e l’informazione ereditaria dipende proprio dalle combinazioni della sequenza delle 4 basi lungo la catena: un ricettario, insomma, scritto con le innumerevoli combinazioni di un alfabeto di 4 lettere in cui i geni, le porzioni di DNA codificanti, sono le parole chiave. Sequenziare un genoma consiste pertanto nell’individuare la precisa sequenza delle 4 lettere lungo tutta la catena. Nella vite tale catena è formata da circa 500 milioni di nucleotidi, organizzati in 19 coppie di cromosomi: un genoma relativamente complesso rispetto ad altri che sono stati studiati, ma assai più semplice di quello umano, con i suoi 3 miliardi circa di nucleotidi.
Il lavoro di sequenziamento, già in fase avanzata da parte di alcuni gruppi di lavoro, procede in modo relativamente spedito grazie alla recente applicazione di tecniche robotiche e bio-informatiche che permettono di ricostruire, frammento dopo frammento, l’intera sequenza. Una parte dello studio è focalizzato nell’affiancare alle cosiddette mappe genetiche delle mappe fisiche. Le prime si producono cercando di localizzare geni o marcatori molecolari (sequenze già note, che funzionano dunque come segnali) lungo i cromosomi, desumendo l’ampiezza delle distanze tra di essi dallo studio dei caratteri ereditati in una progenie ottenuta da due diversi genitori. Nelle mappe fisiche le distanze non sono più probabilistiche, basate sulla probabilità di ereditarietà, ma reali, ed espresse pertanto in migliaia di nucleotidi. Le due mappe vengono poi “integrate” in modo che i dati genetici (l’ereditarietà di un certo carattere) si possano associare ad uno specifico tratto di DNA, cosa che permette in definitiva di localizzare e studiare i geni di maggior interesse.
La decodificazione dell’intero DNA, pur fornendo un’incredibile mole di informazioni per i genetisti, rappresenta però più il punto di partenza che quello di arrivo nello studio del genoma.
Un vastissimo campo d’indagine in cui ci si comincia a cimentare anche in vite è quello della conoscenza dell’espressione genica, ovvero dei geni non tanto nella loro composizione strutturale quanto nel loro funzionamento. Com’è noto, infatti, il gene viene prima trascritto (da cui il termine di trascrittomica per definire lo studio di questi processi) nella molecola di RNA e poi tradotto nella proteina finale che avrà la sua precisa funzione (il cui studio si definisce proteomica).
Il sequenziamento del genoma mira a conoscere la posizione e la struttura dei geni, ma la conoscenza della loro funzione, regolata in modo estremamente sofisticato e complesso, è anch’essa altrettanto importante.
In generale, ci vorrà ancora qualche decennio prima che i prodotti di queste ricerche, cui collaborano numerosi laboratori in Italia e nel mondo, possano tradursi in ampie ricadute pratiche in viticoltura. Per qualche aspetto, tuttavia, l’applicabilità non pare lontana: la possibilità, ad esempio, di identificare (e brevettare) i cloni di vite all’interno delle cultivar mediante il sequenziamento rapido di tratti chiave del genoma, o quella di selezionare le numerose progenie ottenute da incrocio non più in base ai caratteri del fenotipo (con tempi lunghi e costi onerosi per il fatto che la vite è una coltura arborea dal lento sviluppo e lenta messa a frutto), ma in base a caratteri genetici (presenza di geni desiderati o marcatori).
Sembra certo, però, che la conoscenza della base genetica di alcune resistenze, ad esempio, o dei processi di maturazione, o della biosintesi di metaboliti importanti per la qualità potrebbe cambiare il volto della viticoltura e dell’enologia.