L'OPINIONE DEL PRESIDENTE
di Moreno Soster

Riflessioni per un nuovo anno...
...e oltre

 

Il tappo a fungo esplode la gioia del superamento di un impalpabile confine temporale, che aggiunge un nuovo anno alla nostra vita, e atterra sempre sui primi documenti in cui sbagliamo inevitabilmente la data.
Questa cesura simbolica del nostro tempo alimenta la voglia e la necessità di fermarsi per un po’ a riflettere. E dai giornali di fine anno, che sono l’eco dello spirito del tempo, ci giungono molti spunti su cui lavorare.
Anche sul mondo del vino che entra nelle nostre case ad accompagnare i pasti conviviali o le occasioni di incontro delle festività natalizie. Scopriamo così che in Italia sono consumate nel periodo tra Natale e l’Epifania più di 100 milioni di bottiglie di spumante, quasi la metà della produzione complessiva, con una leggera prevalenza dei dolci e aromatici sui brut. Ma anche le altre tipologie hanno un buon successo in questo periodo, in cui la bottiglia di vino rappresenta uno dei regali più diffusi. Alle libagioni interne spesso la stampa unisce la situazione dell’export enologico dell’Italia, che da qualche anno ha acquisito il ruolo leader a livello mondiale: dei 49 milioni di ettolitri prodotti ogni anno, circa un terzo sono stati destinati all’export con un’interessante tendenza all’aumento del valore delle bottiglie e delle quote inviate al di fuori dell’Unione Europea.
Il dinamismo del settore si percepisce anche dalla sempre più diversificata distribuzione dei vini. La GDO rappresenta ormai il canale forte con oltre il 60% delle vendite, prevalentemente su fasce di prezzo medio-basso, ma con interessanti proposte di “avvicinamento al vino” del consumatore standard e con aperture anche a vini di pregio o alla scoperta degli autoctoni.
L’enoteca rappresenta il riferimento per un consumatore più esigente e curioso che desidera essere accompagnato nella scelta; anche in questo caso però una recente indagine ha confermato l’attenzione al prezzo della bottiglia acquistata, che mediamente si aggira sui 13 euro.
Infine, per le occasioni importanti ed i palati esigenti, si mantiene stabile il canale HoReCa (Hotel, Restaurant, Café) nelle sue versioni più eleganti, dove l’enologia italiana deve competere duramente con le più prestigiose etichette estere ma che assorbe quasi la metà della produzione nazionale di alta gamma.
E cosa c’è dietro questo quadro commerciale sostanzialmente positivo? Una filiera, dal valore stimato di oltre 50 miliardi di euro, che impegna 800.000 aziende vitivinicole, 30.000 imbottigliatori, una superficie di oltre 650.000 ha, 460 denominazioni (DOC, DOCG e IGT).
Ad essa si affianca un indotto eno-meccanico e di servizi con un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro annui, che spesso ha la leadership mondiale per specifici segmenti del mercato.
Della realtà vitivinicola italiana vale la pena sottolineare alcuni aspetti di rilevante e attuale interesse: la senilizzazione dell’imprenditoria ed il cambio generazionale, la frammentazione (i 2/3 terzi delle aziende hanno una superficie inferiore ad 1 ha, mentre sono poche centinaia quelle con più di 50 ha di vigneto), l’importanza crescente della manodopera straniera immigrata nella gestione aziendale.
Il settore vitivinicolo italiano è, nell’ambito dell’economia italiana, un comparto di punta.
È profondamente legato al territorio ed alla sua cultura, ma ha saputo recepire gli stimoli innovativi che di volta in volta si sono presentati.
Anche a livello mondiale, l’Italia si pone come un riferimento assoluto sia in termini produttivi sia in quelli commerciali.
Essere così grandi non è un compito facile.
Soprattutto, non è scontato il mantenimento della leadership su Paesi competitori sempre più attenti e agguerriti.
Diventa essenziale che a tutti i livelli (istituzionali e aziendali) si affermi una cultura basata sulla consapevolezza del prestigio del vino italiano che è un valore economico, ma soprattutto culturale, da espandere in tutto il mondo.
A partire da una approfondita e continua analisi del contesto, si devono prendere delle decisioni che siano coerenti con un’immagine della produzione italiana che sia netta e priva di ambiguità.
Fare vini buoni e onesti è stata finora, e continuerà ad esserlo, la chiave del successo.
Dove buono è la fusione della cultura materiale tradizionale con l’evoluzione scientifica e tecnologica.
Dove onesto è definire regole chiare e perseguirle, operare congrue scelte di prezzo, non abusare degli strumenti di regolazione dei mercati, restituire la dignità del lavoro dei vignaioli, adottare processi coerenti con le potenzialità ambientali, recuperare la memoria storica e la propria identità.
Una riflessione sul nostro sistema vitivinicolo deve scaturire dalla volontà di tutto il settore italiano ad operare in forma unitaria e coesa per il raggiungimento di obiettivi concreti, di qualità del prodotto e di affidabilità del sistema, che siano le nostre credenziali di fronte a qualunque cliente o competitore nel mondo.
Un percorso virtuoso che deve partire dalla disponibilità al dialogo, da analisi basate su dati oggettivi, dall’umiltà del confronto e dalla volontà di migliorare – non da soli – ma insieme…
Sogni. Forse.
Ma ogni novità nasce sempre da un sogno.