L'ANGOLO DELLA VIGNA
Battaglie sui nomi di vitigno |
La denominazione dei vitigni, così importante da un punto
di vista commerciale, è soggetta a regole volte a limitare le confusioni,
a favorire semplicità e chiarezza, e a tutelarne l’uso
quando improprio e fonte di inganno per il consumatore.
Senza addentrarci nel merito delle battaglie legali dichiarate
nel nome dei vitigni, vorrei far riflettere sul fatto che non
sempre dalle norme seguite in modo rigido si ottengono gli
effetti desiderati, ed anzi esse possono concorrere ad alimentare
situazioni di confusione o di scarsa equità.
Vediamone qualche esempio.
L’iscrizione nel Registro Nazionale delle Varietà, e dunque la
possibilità ad esser coltivato, è stata per ora preclusa ad un vecchio
vitigno del Pavese denominato “Uva della cascina” perché la
denominazione richiamerebbe il comune di Càscina, in Toscana,
ed i riferimenti geografici vanno evitati nel nome delle cultivar. È
piuttosto evidente che questo curioso appellativo (nel dialetto
locale “üva ‘d la casi-ña”),
peraltro ben documentato in
alcuni scritti ottocenteschi, fa
riferimento all’abitato rurale,
alla fattoria, e non ha nulla a che
fare con Càscina.
Non potendo ricorrere ad
un documentato sinonimo della
cultivar, perché non ve ne sarebbero,
questo antico vitigno,
dopo aver dimostrato interessanti
attitudini in anni di prove
colturali ed enologiche, rischia
di non poter essere registrato se
non con un nome diverso, che
non gli è mai appartenuto e che
nulla ha che fare con il patrimonio
culturale locale.
Sorte analoga pare esser destinata al Gamba di pernic,e
una cultivar astigiana già coltivata nel 1700, così denominata per
il colore rosso violaceo del raspo e del peduncolo del grappolo. In
questo caso è il termine “pernice” a non essere accettato, per via
della già registrata e protetta denominazione “Occhio di pernice”
riferita ad un vino rosso ottenuto in Toscana da uve appassite.
E pur se qualcuno ha fatto notare che… “un occhio non è una
gamba!”, ai potenziali produttori del Gamba di pernice
(un rosso gradevole dai sentori speziati) non rimangono molte
altre possibilità, considerando che esiste in altra località un
sinonimo del Gamba di pernice, potenzialmente utilizzabile,
corrispondente però a Neretto,
un appellativo già
ampiamente inflazionato in campo viticolo.
Per la citata norma che vieta i riferimenti geografici, il
Riesling renanoè
diventato ufficialmente Riesling: la
cosa non può che favorire la confusione con il Riesling i-ta
lico, che in ogni caso “italico” ha dovuto rimanere.
Una situazione simile si è avuta con il vitigno minore
Bonarda piemontese , ribattezzata Bonarda.
Purtroppo, però, Bonarda è il sinonimo ufficiale (dunque
riportato nei disciplinari dei vini DOC) della Croatina in
Oltrepò Pavese, col che sarebbe stato meglio, per amor di chiarezza,
che la Bonarda rimanesse “piemontese” e il Riesling
“renano”. Anche perché, per la citata lista ufficiale dei sinonimi,
il Riesling italicpouò essere definito semplicemente
Riesling, anche in etichetta. Ma in realtà non vi possono essere
vini più diversi, anche nel valore, di quelli ottenuti dalle uve del
Rieslingre nano e dell’italico, né due vitigni più dissimili per
caratteri agronomici ed esigenze climatiche. Se questo non
inganna il consumatore, certo lo disorienta.
E altrettanto disorientamento
non può che produrre
la possibilità di etichettare
genericamente come
Malvasia vini DOC o IGT
che provengono da una schiera
di vitigni alquanto diversi,
a bacca bianca o nera; o come
Moscato, Moscatello
o Moscatellone i vini
ottenuti con il Moscato
bianco, con il giallo, con lo
Zibibbo,
con il Moscato
di Terracin a: tutte uve a
sapore moscato, è vero, ma
con profili aromatici e caratteristiche
compositive diverse.
O ancora come alcuni
Lambruschi, che non solo, pur diversi, possono essere genericamente
indicati Lambrusco , ma che possono anche esser
denominati Groppello (Groppello Grasparossa, Groppello
Maestri, ecc.), proprio come altri 3 Groppelli compresi nel
Registro (Gentile, di Mocasina e di S. Stefano), singolarmente
identificati, per oltraggio a Riesling e Bonarda, con specificazione
geografica!
Sicuramente non è facile dirimere in modo univoco e rigoroso
i problemi che la denominazione dei vitigni comporta,
data la complessità del nostro assortimento varietale,
l’intreccio dei sinonimi e degli omonimi e gli interessi legittimi
degli operatori locali. Tuttavia, credo che occorra in tutto
e per tutto tendere alla massima chiarezza e trasparenza,
senza trascurare i diritti dei produttori, ma ricordando anche