L'ANGOLO DELLA VIGNA
di Anna Schneider

 

Come valutare la qualità delle uve?

Malgrado i passi avanti compiuti negli ultimi tempi, uno dei problemi tecnici ancora lontani dall’esser risolto è l’appropriata valutazione della qualità delle uve che giungono in cantina, fondamentale per indirizzare il processo di lavorazione, per prevedere il pregio qualitativo del prodotto finale e, di conseguenza, per stabilire il valore commerciale delle uve in questione e, a seconda degli accordi, il compenso del viticoltore.
I parametri adottati nella maggior parte dei casi sono ancora alquanto grezzi (contenuto in zuccheri e tenore in acidi) o ormai superati dalle attuali conoscenze sulla fisiologia della maturazione e sul quadro compositivo dell’uva. Ma anche quando ci si è sforzati di esaminare parametri che paiono senz’altro più appropriati per valutare la qualità del raccolto, da conoscenze più approfondite emergono considerazioni che mettono in dubbio la bontà dei criteri adottati e ne sollecitano l’aggiornamento. Un esempio di questa situazione è la valutazione delle uve di Moscato bianco per la produzione dell’Asti in Piemonte, e le riflessioni sono del prof. Vincenzo Gerbi, del Di.V.A.P.R.A., Università di Torino.
Da qualche anno, oltre ai parametri classici, da parte di alcuni enopoli si è cominciato a determinare nelle uve conferite anche il tenore in linalolo libero, uno dei composti chiave della tipicità delle uve e dei vini moscato. Ma, sottolinea Gerbi, le forme terpeniche libere, sicuramente importanti a livello percettivo, sono composti labili, mentre sono i terpeni glucosidici a costituire una riserva di aroma fondamentale per la fragranza e l’aromaticità del prodotto nel tempo. Le uve mature sono caratterizzate da tenori in terpeni liberi spesso inferiori a quelli di uve di più basso livello di maturazione, ma sono più ricche di aromi potenziali, che verranno resi disponibili più tardivamente, nel corso della vita del vino.
Ma c’è di più: le reazioni che determinano il passaggio dalle forme terpeniche legate alle libere sono essenzialmente di tipo enzimatico e vengono pertanto accelerate nei trasporti e nelle manipolazioni poco rispettose dell’integrità delle uve. Può pertanto accadere, ed anzi è molto probabile, che uve moscato di qualità potenziale superiore, ben mature e integre, al momento del prelievo possano presentare un livello di linalolo libero inferiore a grappoli che sono meno maturi, poco integri o parzialmente fermentati.
Un altro aspetto, infine, va considerato e riguarda la scarsa stabilità del linalolo, soggetto a trasformarsi in alfa-terpineolo, un alcole a soglia percettiva assai più elevata e dunque molto meno efficace nel determinare l’aroma.
Questa volta la reazione linalolo-alfa-terpineolo è favorita dall’acidità del mezzo, avviene cioè più rapidamente a pH inferiori, situazione tipica dei mosti ottenuti da uve poco mature. Uve acide e poco mature, in sostanza, hanno una dotazione iniziale di linalolo libero anche di una certa importanza, che però è destinata a deteriorarsi rapidamente, senza che una preziosa riserva di terpeni glucosidici sia sufficiente ad entrare in gioco per assicurare nel tempo quella intensità di aroma e fragranza che chiediamo ai migliori Moscato d’Asti.
Sarebbe dunque opportuno rivedere, almeno entro certi limiti, il criterio di valutazione delle uve Moscato, cercando di premiare le partite sufficientemente mature, integre, e ricche di frazioni libere ma anche e soprattutto glucosidiche.
Un moscato più complesso e longevo, capace di mantenere fragranza e piacevolezza il più a lungo possibile senza spogliarsi dei suoi caratteri più tipici, prende corpo nel vigneto più che in cantina.