L'ANGOLO DELLA VIGNA
Come valutare la qualità delle uve? |
Malgrado i passi avanti compiuti negli ultimi tempi, uno
dei problemi tecnici ancora lontani dall’esser risolto è
l’appropriata valutazione della qualità delle uve che giungono
in cantina, fondamentale per indirizzare il processo di
lavorazione, per prevedere il pregio qualitativo del prodotto
finale e, di conseguenza, per stabilire il valore commerciale
delle uve in questione e, a seconda degli accordi, il compenso
del viticoltore.
I parametri adottati nella maggior parte dei casi sono
ancora alquanto grezzi (contenuto in zuccheri e tenore in
acidi) o ormai superati dalle
attuali conoscenze sulla fisiologia
della maturazione e sul
quadro compositivo dell’uva.
Ma anche quando ci si è sforzati
di esaminare parametri
che paiono senz’altro più
appropriati per valutare la
qualità del raccolto, da conoscenze
più approfondite
emergono considerazioni che
mettono in dubbio la bontà
dei criteri adottati e ne sollecitano
l’aggiornamento. Un
esempio di questa situazione
è la valutazione delle uve di
Moscato bianco per la produzione
dell’Asti in Piemonte, e
le riflessioni sono del prof. Vincenzo Gerbi, del
Di.V.A.P.R.A., Università di Torino.
Da qualche anno, oltre ai parametri classici, da parte di
alcuni enopoli si è cominciato a determinare nelle uve conferite
anche il tenore in linalolo libero, uno dei composti chiave
della tipicità delle uve e dei vini moscato. Ma, sottolinea
Gerbi, le forme terpeniche libere, sicuramente importanti a
livello percettivo, sono composti labili, mentre sono i terpeni
glucosidici a costituire una riserva di aroma fondamentale per
la fragranza e l’aromaticità del prodotto nel tempo. Le uve
mature sono caratterizzate da tenori in terpeni liberi spesso
inferiori a quelli di uve di più basso livello di maturazione, ma
sono più ricche di aromi potenziali, che verranno resi disponibili
più tardivamente, nel corso della vita del vino.
Ma c’è di più: le reazioni che determinano il passaggio
dalle forme terpeniche legate alle libere sono essenzialmente
di tipo enzimatico e vengono pertanto accelerate nei trasporti
e nelle manipolazioni poco rispettose dell’integrità delle
uve. Può pertanto accadere, ed anzi è molto probabile, che
uve moscato di qualità potenziale superiore, ben mature e
integre, al momento del prelievo possano presentare un livello
di linalolo libero inferiore a grappoli che sono meno maturi,
poco integri o parzialmente fermentati.
Un altro aspetto, infine, va considerato e riguarda la scarsa
stabilità del linalolo, soggetto a trasformarsi in alfa-terpineolo,
un alcole a soglia percettiva assai più elevata e dunque
molto meno efficace nel determinare l’aroma.
Questa volta la reazione linalolo-alfa-terpineolo è favorita
dall’acidità del mezzo, avviene cioè più rapidamente a pH inferiori,
situazione tipica dei mosti ottenuti da uve poco mature.
Uve acide e poco mature, in sostanza, hanno una dotazione iniziale
di linalolo libero anche di una certa importanza, che però
è destinata a deteriorarsi rapidamente, senza che una preziosa
riserva di terpeni glucosidici sia sufficiente ad entrare in gioco
per assicurare nel tempo quella intensità di aroma e fragranza
che chiediamo ai migliori Moscato d’Asti.
Sarebbe dunque opportuno rivedere, almeno entro certi
limiti, il criterio di valutazione delle uve Moscato, cercando di
premiare le partite sufficientemente mature, integre, e ricche
di frazioni libere ma anche e soprattutto glucosidiche.
Un moscato più complesso e longevo, capace di mantenere
fragranza e piacevolezza il più a lungo possibile senza spogliarsi
dei suoi caratteri più tipici, prende corpo nel vigneto
più che in cantina.