di Moreno Soster
|
|
|
Già nel simposio greco la musica di alcuni strumenti – flauti
e lire – e il consumo di vino accompagnavano i partecipanti
lungo un percorso di conoscenza multisensoriale.
È un momento di convivialità che, attraverso il conversare
arguto, i canti e i giochi, conduce gli invitati verso quei valori
che accrescono la nobiltà umana. Il vino, nettare degli dei,
diventa un mezzo per raggiungere nuove mete, reali e ideali, di
cui è consapevole Omero quando descrive Ulisse che viaggia
"navigando sul mare color del vino verso genti straniere”.
È una porta che si apre, al di là delle nostre attività quotidiane,
verso sensazioni nuove e appaganti. Così come spesso accade
quando ascoltiamo la musica.
I suoni, le armonie, i ritmi, la loro intensità ci trasmettono
informazioni immediate che
trasformano la nostra anima
e la piegano alla gioia, alla
tristezza, alla riflessione o al
dolore.
Il vino e la musica hanno
spesso incrociato i loro percorsi.
Probabilmente perché
si integrano nella provocazione
delle nostre capacità
percettive: l’olfatto e il gusto
per l’uno, l’udito per l’altra.
Ed entrambi stimolano una
reazione che non è ragionamento,
ma emozione. Che
poi è l’intuizione di Remy, piccolo topo cuoco del film
Ratatouille, che prepara al temibile critico eno-gastronomo
Anton Ego un piatto semplice e casalingo (che dà il titolo al
film), riportandolo d’incanto agli affetti e ai languori della propria
infanzia.
Insomma il vino e la musica sono accomunati da questa
straordinaria capacità di toccare corde nascoste della nostra
sensibilità, chiedendoci in cambio qualcosa di sempre più raro:
la nostra attenzione.
Che non significa sapere che quel pezzo musicale è stato
composto in quel determinato anno, con quella partitura, eseguito
dal tale esecutore: tutti elementi importanti che ci confortano
sulla nostra memoria, preparazione e capacità di interloquire
sull’argomento.
Che non significa sapere che quel vino proviene da quell’appezzamento,
da quel vitigno e che ha passato alcuni mesi in
legno piccolo.
L’attenzione è il desiderio di cogliere quel profumo in
mezzo al bouquet, confrontarlo con un aroma già sentito, ricordare
la situazione spazio-temporale in cui ciò è accaduto e,
infine, riconoscerlo.
Un riconoscimento raramente è limpido e isolato, ma spesso
porta con sé anche le altre sensazioni del momento al quale
la nostra memoria ci conduce.
Analogamente si può percorrere le vie dei suoni: una canzone,
un motivo, realmente vissuti, ci legano indissolubilmente
ad una situazione. Ma l’attenzione è anche la capacità di spogliarci
di quello che già sappiamo per lasciare spazio alla curiosità
e all’umiltà che ci conducono a scoprire qualcosa di veramente
nuovo, forse solo per noi, ma che non è poco. Meglio se
questa novità si può condividere e diventa una nuova frontiera
del nostro sapere collettivo. Vino e musica possono diventare,
insieme, un’ipotetica “macchina
del tempo” che ci permette
di spaziare dalle curve
della memoria di un tempo
vissuto alle proiezioni della
novità che si nasconde nel
futuro. E questo perché
muovono la nostra consapevolezza,
ci commuovono,
attraverso profumi, sapori e
suoni, ma non parole ed
immagini che ormai sembrano
essere l’unica forma di
comunicazione del nostro
tempo. Parole e immagini
sempre più ravvicinate e fuse tra loro, per assecondare le mode
dell’informatica multimediale in onore del multitasking generazionale,
ossia “quell'abilità che specie gli adolescenti hanno di
svolgere contemporaneamente più attività, di stare in una flagranza
di mezzi e linguaggi con disinvoltura e quasi felicità”.
Vino e musica richiedono più tempo per essere apprezzati,
e questo li renderebbe terribilmente superati se non proponessero
invece una via nuova di comprensione, fatta di conoscenza
ma anche di intuito e di passione. Che poi sono attrezzi mentali
che ognuno di noi possiede indipendentemente dall’età e
dalla cultura.
Anche se non possiamo assistere ad uno spettacolo musicale
dal vivo, infiliamoci le cuffie e in un bicchiere appropriato
versiamo un vino adatto.
Annusiamo, assaggiamo, ascoltiamo.
Chiudiamo gli occhi. Sentiamo “… forse l'effetto, come di
vino, che un mare come questo produce. Non ubriaca: si impadronisce
dei pensieri, suscita antica saggezza...”
(L. Sciascia. Il mare colore del vino).