L'ANGOLO DELLA VIGNA
Le “vigne di montagna” in una DOC |
Nella proposta di modifica al disciplinare di produzione
della DOC Piemonte, già approvato dalla Regione Piemonte ed
attualmente in attesa del parere del comitato nazionale, compare
per la prima volta in Italia la specificazione aggiuntiva “vigna
di montagna”, a riconoscimento e tutela dei vini prodotti in
ambienti colturali montani. Ispirandosi alla definizione elaborata
in seno al CERVIM (l’organismo internazionale con sede
in Valle d’Aosta che opera per la valorizzazione e la salvaguardia
della viticoltura montana, in forte pendenza o con difficoltà
strutturali), “vigne di montagna” sono quelle che rispondono
ad almeno uno dei seguenti requisiti: altitudine superiore ai
500 m s.l.m., pendenza superiore al
30%, impianti realizzati con sistemazioni
a gradoni o terrazze.
Il percorso di riconoscimento dei
vini di montagna piemontesi è stato
avviato alcuni anni or sono
dall’Uncem Piemonte (Unione dei
Comuni, delle Comunità e degli Enti
montani del Piemonte) che in collaborazione
con la Vignaioli
Piemontesi e con il sostegno finanziario
di vari enti pubblici e privati ha
svolto un censimento delle cosiddette
“vigne alte” piemontesi.
Ben 971 sono risultati gli ettari
con una pendenza superiore al 30 %,
300 quelli situati ad un’altitudine
superiore ai 500 metri e 548 quelli
sistemati a terrazze. Una realtà più
che consistente, che, opportunamente
governata, potrebbe effettivamente
servire da motore di sviluppo per
molte zone fragili dal punto di vista
ambientale e socio-economico.
Ci auguriamo ovviamente che le
“vigne di montagna” piemontesi
diventino presto DOC, ma, a prescindere dal fatto che la proposta
venga accettata, la cosa riveste in ogni caso rilevanza particolare.
In primo luogo perché la legge porterebbe a individuare
e valorizzare in un unico insieme realtà colturali diverse,
accomunate non tanto dalla vicinanza geografica, quanto da
caratteri particolari. Facile immaginare che si possa creare su
questa base una vera e propria rete, che porterebbe ad azioni
comuni per la comunicazione, per la promozione, il marketing
e magari l’assistenza tecnica. Perché poi non adottare, quale
base per i vini di montagna, vitigni locali, rari e curiosi, ma sempre
ben radicati storicamente negli ambienti montani, con il
vantaggio di aggiungere al prodotto quel tocco di originalità e
di personalità oggi sempre più apprezzato?
Vi sono poi almeno due ulteriori ragioni che portano a vedere
con favore la tutela e la promozione collettiva delle vigne di
montagna o comunque di vigneti eroicamente condotti in condizioni
ambientali difficili. Una è che questi luoghi hanno nella
stragrande maggioranza dei casi un valore paesaggistico, storico
e culturale rilevante: si tratterebbe dunque di vini che ben
potrebbero accompagnare l’offerta gastronomica locale nell’ottica
di uno sviluppo turistico sostenibile.
Inoltre, in questi contesti,
l’agricoltura, e forse ancor più la viticoltura,
svolgono l’insostituibile
funzione di presidio del territorio:
sono un mezzo, spesso l’unico, per
mantenerne l’integrità paesaggistica,
proteggere i versanti, mantenere
vive in qualche modo attività ed usanze
antiche, e talvolta offrire alle famiglie
un reddito secondario che
potrebbe essere non trascurabile.
Sono tutti elementi che appagano in
pieno quella tensione etica che
comincia a muovere il consumatore
moderno, sempre più attento alla
tutela dell’ambiente, all’equità economica,
alla solidarietà sociale.
Certo la strada da percorrere è
ancora lunga, ma a me pare bello
immaginare oltre a “vigne di montagna”
in molte altre regioni italiane
anche “vigne dei terrazzamenti”,
“delle piccole isole”, “dei piccoli
laghi alpini”, “delle coste mediterranee
(scoscese!)”, e così via. Tenendo
comunque ben presente che condizioni indispensabili al successo
sono il fermo controllo della provenienza effettiva di uve
e vini e, per questi ultimi, una qualità ineccepibile.
Non sono più i tempi di riservare condiscendenza a vini
mediocri o addirittura difettosi: i vini della viticoltura eroica
devono esprimere sempre, con schiettezza e genuinità, quelle
potenzialità incredibili che la vite offre negli ambienti colturali
estremi dove l’uomo l’ha spinta, certo di poter ottenere, pur
con grande fatica, grandi risultati.