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Lo Studio Torta
nasce nella Torino del
1879, fondato da
Vincent e Secondo
Torta, come “Bureau
spécial pour l’obtension
des Brevets d’invention
en Italie ainsi que pour le
dépôt de Marques,
Modèles et Dessins de
fabrique”.
Negli anni 1980 è
avvenuta un’importante
evoluzione che ha visto
protagonisti gli attuali soci principali: l’Ing. Paolo Jorio, l’Ing. Roberto
Prato e l’Ing. Luigi Boggio. Ora lo Studio Torta vive la sua storia avvalendosi
di 150 collaboratori bilanciati per età ed esperienza; la sua filosofia è
quella di contare sui suoi membri di maggiore e consolidata esperienza,
facendo contemporaneamente crescere al proprio interno i professionisti
del futuro.
Oltre alla sede storica di Torino, sono pienamente operative anche le
sedi di Roma, Milano, Bologna, Treviso e Rimini. Industrie di ogni settore,
fra cui figurano grandi nomi dell’imprenditoria italiana, fanno riferimento
a questo ampio staff altamente specializzato.
La qualità dei servizi è testimoniata
da fatti e riconoscimenti ottenuti, come ad
esempio i MIP Awards, il più rilevante attestato
internazionale del settore conferito
dalla rivista Managing Intellectual Property,
che lo Studio ha vinto per ben due volte negli
ultimi cinque anni, classificandosi al primo
posto tra gli studi italiani di consulenza in
proprietà industriale.
Lo Studio Torta è socio dell’OICCE dal
2003 e con la nostra associazione ha collaborato
e collabora in molte occasioni di divulgazione
come i convegni, i workshop, la rivista
OICCE Times.
Per parlare delle caratteristiche del vastissimo
mondo della proprietà industriale e di
quanto siano importanti marchi e brevetti per
il settore enologico abbiamo incontrato l’Ing.
Luigi Boggio, senior partner e amministratore
delegato della società, ma anche docente di
Proprietà industriale presso il Politecnico di
Torino, nonché membro della Commissione
per la Tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione
di Confindustria. Insieme all’Ing.
Boggio, a rilasciare questa intervista c’era
una persona ben nota ai lettori di OICCE
Times, la Dottoressa Maria Cristina Baldini,che con passione e professionalità cura la nostra rubrica
dedicata ai “Marchi del vino”.
Che ruolo ha l’attività dello Studio Torta
nel settore enologico?
Siamo entrati in modo importante in questo settore da
oltre trent’anni, partendo dalla storica clientela piemontese,
poi aumentando progressivamente il numero e le aree geografiche
dei nostri clienti. Nel corso degli anni, le problematiche
sono cambiate: all’inizio si parlava solo di deposito di
marchio, adesso ci si deve confrontare con tutte le problematiche
collegate all’etichettatura, al packaging, ai nuovi
materiali per l’imballaggio, all’uso dei marchi su internet, ai
contratti con i distributori.
Il nostro ruolo è diventato sempre più importante perché
ormai non si può più prescindere da un’analisi giuridica e
strategica del proprio prodotto inteso nella sua globalità, in
Italia e all’estero.
È complicato per un’azienda vinicola adottare
e proteggere un proprio marchio?
Non è particolarmente difficile. Le problematiche che
deve affrontare un’azienda vinicola non sono diverse da quelle
che deve affrontare un’altra azienda nel momento in cui decide
di adottare un nuovo marchio. Individuato un nome,
un’etichetta con la sua parte grafica, la sua protezione va effettuata
in Italia o nei paesi di interesse con una strategia che
deve essere studiata ad hoc, con un’attenta analisi dei costibenefici
e degli interessi commerciali immediati e futuri.
È, inoltre importante concentrarsi su mercati precisi.
Quando un’azienda chiede il nostro supporto, per noi è fondamentale
essere un interlocutore propositivo, integrando
la visione commerciale con il punto di vista legislativo e le
linee per la protezione e la tutela dei propri beni. Il nostro
imprinting è quello di avere con il cliente un approccio
“proattivo”, con lo scopo di fargli ottenere il miglior risultato
nel più breve tempo possibile e ad un costo competitivo.
Costruire insieme all’azienda una strategia è la sfida più
avvincente. Si realizza così una crescita reciproca, confrontandosi
insieme sui diversi campi di competenza.
Ci sono Paesi in cui è particolarmente difficile
proteggere il proprio marchio e come è possibile
affrontare i problemi che nascono?
Se il marchio possiede tutti i requisiti per essere validamente
registrato, non ci sono Paesi in cui sia difficileproteggersi. Esistono, però, Paesi nei quali si possono
incontrare difficoltà a far valere i propri diritti sul marchio
perché spesso si tratta di Paesi ancora in evoluzione, con
sistemi legislativi non analoghi a quelli europei. Proprio in
questi Paesi è, quindi, ancora più importante andare a proteggersi,
anche se non si hanno immediati interessi commerciali.
Qual è e quale dovrebbe essere l’attenzione verso i
brevetti nelle aziende italiane che producono
macchine enologiche?
Si può migliorare. Non solo in questo settore, ma in
generale in Italia manca un po’ la
cultura della tutela delle innovazioni
attraverso il deposito di brevetti.
Noi Italiani siamo molto
creativi, ma facciamo fatica a mettere
sotto chiave la creatività. È
invece essenziale, tanto che alcune
istituzioni pubbliche ed
imprenditoriali, che lo hanno ben
compreso, organizzano iniziative
per aumentare la sensibilità verso
questi aspetti di tutela.
Quale interesse può rivestire
un marchio collettivo
nel settore del vino?
È molto importante, come
dimostrato recentemente dalle
esperienze di alcuni consorzi che
hanno capito che per avere una
corretta protezione all’estero e
fare valere i propri diritti, la strada
migliore, oserei dire “vincente”, è
quella del marchio collettivo in
abbinamento alla Denominazione
di Origine. Si tratta di due strumenti
complementari che devono essere entrambi attivati
allo scopo di attivare alternativamente l’uno o l’altro a seconda
dello scopo da perseguire. È l’unione che fa la forza. Nel
settore dei vini il marchio collettivo ha un’enorme importanza
per la tutela degli interessi comuni, di tutti i consorziati o
di tutti quelli che usano una determinata denominazione,
senza però annullare l’individualità di ciascuna realtà. Anzi
al contrario è utile per tutelare proprio le peculiarità di realtà
medio-piccole, con produzioni di qualità, di nicchia. Il marchio
collettivo facilita la collaborazione fra aziende, la promozione
del proprio vino. I benefici che si possono raggiungere
collettivamente ricadono poi sui singoli che da soli
non avrebbero avuto la forza economica e commerciale per
raggiungere determinati obiettivi. In breve, si può affermare
che il marchio collettivo è un formidabile “strumento giuridico
di marketing”: i due aspetti “giuridico” e “di marketing”
devono, infatti procedere insieme.
DIETRO LE QUINTE...
Potete segnalare qualche caso specialmente “curioso”
legato al mondo del vino?
Un caso particolarmente interessante è il marchio
“Quatremillemètres Vins d’altitude”, il cui logo è costituito
da montagne stilizzate sormontate da un’aquila in
volo. Raggruppa in un consorzio tre cantine storiche valdostane,
in un insolito connubio con le due più antiche
società di guide alpine, quelle del Cervino e di
Courmayeur.
Il marchio da un lato vuole promuovere l’immagine dell’alpinismo
e delle guide alpine
che lavorano sui giganti valdostani
(Monte Bianco, Cervino,
Monte Rosa, Gran Paradiso …),
dall’altro il territorio unico e difficile
in cui si trovano da secoli i
vigneti che forniscono la materia
prima per i “vins d’altitude”.
Le prime bottiglie delle ultime
due annate sono state stappate
rispettivamente sulle vette del
Cervino e del Monte Bianco!
Un altro esempio è il recente
brevetto di un’azienda operante
nel Torinese che ha realizzato
un particolare erogatore automatico
di vino sfuso per
l’approvvigionamento diretto,
utilizzando un sistema di “bag
in box” che garantisce il costante
mantenimento del sottovuoto
e della qualità del prodotto dalla
cantina alla bottiglia.
Cosa evoca in voi l’immagine del vino?
(M. C. Baldini) Per me il vino è un formidabile “strumento”
di aggregazione e di condivisione di momenti
importanti.
(L. Boggio) In me il vino evoca ricordi collegati alla
mia infanzia, quando andavo con mio padre in
Monferrato. Ricordo le vendemmie di Grignolino, il profumo
dell’uva fragola, le fasi della fermentazione e della
vinificazione che mi attraevano e incuriosivano, le belle
cene dopo la pigiatura.