Beppe Colla
RICORDI DI VINI
Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini d'Alba, Alba, 1998,
pp. 78 (lire 50.000)
In questo bel libro, oltre a curiose e interessanti informazioni,
c'è molta umanità e c'è attenzione per momenti
importanti dell'enologia che sebbene non siano molto lontani,
sono ormai quasi dimenticati.
L'autore lavora nel settore enologico da tanti anni. Ha fatto
la sua prima vendemmia come enologo nel 1949. Il suo impegno
in quest'opera è quello di conservare l'importante patrimonio
della cultura locale per le generazioni future.
In particolare il quadro che offre è quello delle mitiche
colline di Langa e Roero. Nel libro si ripercorre la storia enologica
di queste zone segnata negli ultimi 50 anni da importanti e rapide
innovazioni. Lo sguardo al passato non è soltanto un momento
nostalgico, ma anche occasione di analisi e di confronto con
il presente.
La vigna e la cantina hanno subito sostanziali modifiche. Si
ricorda la fatica dello scasso esclusivamente manuale fino agli
Anni Trenta, l'impianto del vigneto con i filari stretti, larghi
al massimo per il passaggio di un bue, i pali di castagno per
sostegno, intercalati da canne e collegati da due fili di ferro.
Si racconta di quando nelle famiglie della borghesia albese si
sostenevano le persone più deboli con un uovo crudo seguito
da Barolo stravecchio, servito nel guscio come bicchiere. Si
parla anche della produzione del Barolino, un vino ottenuto dal
Dolcetto fatto percolare e lisciviare sulle vinacce torchiate
e sgretolate del Nebbiolo da Barolo. C'era anche la Barbera nebbiolata,
ottenuta per rifermentazione della Barbera con un 5-10% di uve
Nebbiolo.
Si osserva quanto fosse diverso il lavoro in cantina fino alla
prima metà del secolo XX, quando ad esempio per scaricare
un camion di bottiglie occorrevano otto operai e sei-sette ore
di lavoro.
Si ripercorrono le tappe che portarono all'uso del metodo brevettato
da Charmat per i vini spumanti e all'adozione delle prime autoclavi
della capienza di 40 ettolitri. A seguito di questa produzione
si realizzò l'attività febbrile di centinaia di
persone che, avuta in prestito una macchinetta, costruivano migliaia
di gabbiette e copritappi. Ancora storia di gente è quella
che anima l'atmosfera accesa del mercato albese delle uve. Poi
si raccontano gli anni dell'esportazione verso l'America del
Sud e verso i paesi in cui era alta la presenza di emigrati italiani.
Le prime spedizioni di vino sfuso avvenivano in fusti di legno
di castagno da 200 litri con le pareti interne paraffinate.
Lo svolgersi del testo narrativo è ampiamente corredato
da significative fotografie dell'epoca.
Al termine del libro non ci sono più parole, ma immagini
eloquenti di per sé: sono le "colline ferite"
di Langa e Roero, dove l'ambiente ha subito forti violenze da
parte dell'uomo che in certi casi si è fatto autore di
costruzioni assolutamente irrispettose della natura e dell'anima
stessa del paesaggio.
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