QUALCHE ELEMENTO TEORICO
La stabilità tartarica dei
vini
La stabilizzazione tartarica dei vini
è un problema con il quale si devono confrontare tutte
le cantine. Gioca infatti un ruolo importantissimo nella presentazione
dei vini al consumo. Infatti se nell'uva il Potassio e l'acido
Tartarico sono presenti in compartimenti separati, e non danno
origine a fenomeni di precipitazione, a partire dal momento della
pigiatura dell'uva il potassio e l'acido tartarico si trovano
presenti insieme, nella stessa soluzione, dando origine a condizioni
di sovrasaturazione nel mosto. La loro concentrazione non viene
sostanzialmente modificata dall'attività dei lieviti e
quindi durante la fermentazione e la conservazione del vino danno
origine a evidenti fenomeni di precipitazione di bitartrato di
potassio.
La precipitazione, che tradizionalmente avveniva durante la conservazione
dei vini nell'inverno successivo alla vendemmia, era ovviamente
nota già alle origini della produzione del vino. La massa
solida, parzialmente cristallina, che si presenta come un fine
precipitato dopo la fermentazione del mosto e la conservazione
invernale dei vini, ha avuto diversi nomi nelle varie lingue
dei popoli che si sono succeduti. Per i Romani era la faecula.
Nel caso che la precipitazione non
avvenga completamente in cantina, avverrà in un secondo
tempo, in bottiglia. Nei casi meno gravi potrà verificarsi
la comparsa di pochi, piccoli cristalli, che specie nei vini
rossi possono passare inosservati. In altri casi si possono avere
abbondanti cristallizzazioni di bitartrato di potassio che possono
essere molto evidenti, specialmente nei vini bianchi. La presenza
in bottiglia di qualche cristallo non altera le caratteristiche
del prodotto e non è segno di un "difetto" del
vino. Si tratta però di una presenza che viene sempre
meno accettata dal consumatore. L'aspetto del sedimento, che
può essere cristallino e trasparente, fa a volte addirittura
nascere nei consumatori dubbi sulla genuinità del vino.
E' quindi sempre importante, per una cantina, determinare attentamente
il grado di sicurezza che desidera mantenere rispetto alla precipitazione
del bitartrato di potassio.
La stabilizzazione tartarica in cantina ha in linea di principio
lo scopo di evitare ogni successiva formazione cristallina in
bottiglia. Si tratta quindi sempre di tecniche di tipo preventivo,
messe in opera al fine di rallentare o impedire totalmente ogni
ulteriore formazione di precipitati. I metodi di stabilizzazione
tartarica si dividono in tre grandi categorie: i metodi fisici
di trattamento a freddo, i metodi chimici di aggiunta di stabilizzanti,
i metodi elettrochimici.
Come si può sapere se un
vino è stabile?
Prima di compiere la stabilizzazione
è opportuno verificare lo stato di stabilità del
prodotto. Sono oggi disponibili diversi nuovi sistemi di verifica
e di calcolo della stabilità, che vanno dai metodi conduttimetrici
al calcolo dei parametri chimico-fisici.
Ad esempio, in questo sito abbiamo inserito un programma di calcolo
on-line che permette, sulla base di pochi parametri analitici,
cioè del grado alcolico, del pH, della concentrazione
dell'acido tartarico e della concentrazione dello ione potassio,
di determinare il grado di stabilità del prodotto a qualsiasi
temperatura desiderata.
Automaticamente il programma compie i calcoli degli equilibri
termodinamici coinvolti, e fornisce l'indicazione della stabilità
del vino, della sua temperatura di saturazione e dei milligrammi
per litro di bitartrato di potassio che possono precipitare alla
temperatura richiesta.
Una volta definita la necessità di una stabilizzazione,
si opera con il processo desiderato.
Quali sono i metodi fisici di stabilizzazione?
In generale la solubilità di
tutti i sali è influenzata dalla temperatura. Nel caso
del bitartrato di potassio, la temperatura ha una grande influenza
sulla sua solubilità: a freddo diminuisce di molto, ed
è questa la ragione della tradizionale pratica di conservare
i vini, durante l'inverno, in recipienti mantenuti in locali
dalle basse temperature, al fine di ottenere, in primavera, vini
stabili e sufficientemente limpidi. Il fenomeno è lo stesso
che viene usato per la stabilizzazione industriale dei vini con
i metodi fisici, siano essi discontinui o continui.
Tutti i metodi fisici di stabilizzazione tartarica si basano
sullo stesso principio base: quello di portare per un certo tempo
il vino ad una temperatura bassa, alla quale possa avvenire la
precipitazione del bitartrato di potassio. Si allontanano poi
i cristalli che si sono formati, separandoli dal liquido mantenuto
alla temperatura di cristallizzazione, con una filtrazione o
una centrifugazione
In genere le cantine operano per stabulazione, per periodi variabili
tra 7 e 30 giorni. Anche se il metodo continuo permette risparmi
notevoli, stenta tuttavia ad entrare in un uso generalizzato
a causa dei costi di investimento e della complessità
operativa.
Di solito i cristalli di bitartrato di potassio si eliminano
con una filtrazione. In genere si tratta di una filtrazione ad
alluvionaggio continuo, anche se in certi casi si utilizza una
nuova metodologia che potrebbe assumere una maggiore importanza
in futuro: l'utilizzo di cartucce filtranti.
La propensione verso questa tecnica è essenzialmente data
dal desiderio di abbandonare la farina fossile. In condizioni
ottimali, con cristalli ben formati, quindi facilmente filtrabili,
il costo di questa nuova metodologia di filtrazione può
avvicinarsi al costo della filtrazione su farina fossile. Nel
caso però che i cristalli non siano ben formati oppure
con vini rossi, i costi possono anche essere dieci volte superiori.
Al momento quindi si tratta di una pratica utilizzata solo da
cantine relativamente piccole, su vini di alta qualità.
Un nuovo metodo di stabilizzazione tartarica è quello
compiuto con l'elettrodialisi. Il procedimento, autorizzato dal
1997, permette di asportare selettivamente gli ioni responsabili
delle precipitazioni tartariche, in modo indipendente dalla presenza
di colloidi che limitano l'efficacia della stabilizzazione a
freddo. L'elettrodialisi consente infatti di trattare i vini
ricchi in colloidi con l'assoluta certezza del risultato.
Che coadiuvanti si possono utilizzare
per la stabilizzazione?
In linea generale la presenza di colloidi
inibisce la precipitazione tartarica, ed il principio è
ben noto da tempo.
Sono molte le sostanze in grado di inibire la cristallizzazione
mediante complessi processi di tipo chimico-fisico che comprendono
anche fenomeni di natura elettrostatica. Si tratta in genere
di macromolecole con peso molecolare compreso tra qualche migliaio
e 1 milione di Dalton.
Tra i colloidi protettori utilizzati praticamente in cantina
il più importante è l'acido metatartarico. Si tratta
di un potente inibitore della cristallizazione: sono sufficienti
pochi milligrammi per litro di acido metatartarico per inibire
la cristallizzazione del 50%, mentre per inibirla del 100 % sono
in genere sufficienti dosi di poco superiori a 10 mg/l.
Nell'ambito delle sostanze colloidali, le proteine possono influenzare
molto la velocità di precipitazione del bitartrato di
potassio. E' evidente che questo fatto porta a due trattamenti
del vino molto diversi tra loro: da un lato l'eliminazione completa
dei colloidi inibitori presenti nel vino seguita da un trattamento
a freddo, dall'altro il mantenimento o l'aggiunta di questi colloidi,
in modo da raggiungere una totale inibizione della precipitazione.
Un moderno metodo di stabilizzazione tartarica, che promette
di aprire interessanti possibilità, è quello che
implica l'uso delle mannoproteine estratte dalla parete cellulare
dei lieviti. Al momento però sono necessarie concentrazioni
relativamente elevate dei preparati commerciali di mannoproteine,
per ottenere risultati certi.
Sono in corso da parte di OICCE degli studi per analizzare con
precisione l'efficacia degli stabilizzanti tartarici proposti
in commercio, utilizzabili per vini e mosti. I risultati saranno
pubblicati sia sulla rivista OICCE Times sia su questo sito internet.
|
|